morte

Tutti gli articoli con tag morte

Il senso della morte

Pubblicato 18 novembre 2014 da glisbille

Ai bordi lievemente piovosi di questa mattina di fine novembre, in una città così affollata che si rischia di essere letteralmente schiacciati dalla solitudine, un uomo suonava il suo violoncello, in un punto di passaggio, in quel punto dove tutti passiamo e non ci guardiamo. Quella musica, oggi, era proprio un’ouverture per te, come se si potesse ripercorrere tutto, tutto all’indietro e poi ancora avanti, ma stavolta sappiamo già come va a finire.
Sappiamo già, stavolta, che non va a finire male.
Sappiamo che la morte può essere lieve, che può essere come una ricompensa dopo una grande fatica, che può essere un dono, come un bel paio di scarpe nuove dopo avere lavorato per tutto il mese e, alla fine di questo, avere preso lo stipendio.
Ci sono legami che superano il vincolo di nascita biologica. Prima di tutto, prima di nascere, siamo già figli di qualcuno, anche se questi non ci partorirà, è una sorta di filo invisibile, tu sarai il mio mentore ed io la tua discepola e poi io mi occuperò di te e veglierò su di te con quella premura attenta di chi è riconoscente, e tutto questo lo sapevamo, prima che io nascessi e, chissà, forse anche prima che tu nascessi, lo sapevamo bene e lo sapevamo entrambe.
Adesso, di te, ho 29 anni di ricordi. 29 anni dei 81 vissuti, io c’ero e tu c’eri, e ho ancora la dolce sensazione di quando ti prendevi cura di me, così come ho la dolce-ed anche un po’ amara- sensazione di quando mi sono presa cura di te, perché la vita è fatta da tutta una serie di cicli concentrici che, se provi a capirci qualcosa, rischi di iniziare a girare dentro ad essi e perderti per sempre ma, di per sé, hanno un senso, un senso che non necessariamente dobbiamo conoscere in modo razionale per poterlo vivere e per poterci vivere.
Poi, di te, ho tutto quello che c’è dopo la tua morte. Un anno, un anno esatto.
La morte è molto di più di ciò che sembra. La morte è di più di quel rigore corporeo che ti ha assalita, di quella immobilità marmorea che ha pervaso ogni tratto del tuo corpo. La morte va oltre un addio, non è un addio, perché ci si dice addio quando non ci si vuole più vedere. La morte non può essere un addio. La morte è molto di più di quella bara di legno leggero che si è bruciata assieme al tuo corpo nella cremazione purificatrice, la morte è molto di più di qualsiasi rito di qualsiasi sacerdote di qualsiasi religione che sancisce una qualsiasi convenzione che ha a che fare solo con noi che restiamo nel corpo. La morte è molto di più del pianto disperato che ha accompagnato i miei mesi a seguire, è molto di più del senso di mancanza che ho, è molto di più di quello che non riesco più a vedere con gli occhi ed a sentire con le orecchie, è molto di più della tua mano fragile, con le unghie smaltate, che non posso più accarezzare con delicatezza, come si fa con la pelle di un bambino.
Ci sono morti drammatiche, inspiegabili, incredibili. Ma ci sono anche morti serene. Coerenti. Noi siamo state fortunate. Noi ci siamo salvate. La tua morte è stata serena, la tua morte, ormai, era necessaria. Forse lo era per entrambe.
Quando muore qualcuno che amiamo, è come se anche noi iniziassimo una nuova vita. E’ come la nascita, come quando una forza sconosciuta ci tira fuori dal calore avvolgente del ventre materno e ci sentiamo disperati per questo mondo di fuori che non ci piace. Poi, però, impariamo, piano piano, come si fa a viverci e vorremmo non andarcene più. Quando muore una persona che amiamo è un po’ la stessa cosa. Sia per chi muore, perché inizia un nuovo ciclo di cui non abbiamo contezza, e questo nuovo ciclo, probabilmente in modo simile alla nascita, prima lo spaventerà, ma poi lo renderà felice. Sia per noi, che ci dobbiamo abituare a quella nuova condizione di vita senza la persona amata fisicamente accanto e, di certo, all’inizio non ci piace, ci disperiamo, ci sembra che tutto il resto non abbia senso. Ma non è così, perché in tutto il resto, non solo ci siamo noi, ma c’è anche la persona che è morta. Basta affinare i sensi.
La morte è, davvero, molto di più di quello che sembra.
La morte era quel mare azzurro di novembre dell’anno scorso, nel giorno del tuo funerale, davanti al quale brindai a te, alla tua morte ed alla tua vita che, adesso, erano la stessa cosa. Ti potevo quasi sentire pulsare in quell’acqua infinita, ti potevo salutare e tu mi avresti risposto con quell’onda increspata di spuma chiara che stava nel mare, che stava nello spumante che bevevo, che stava nel cielo, che stava fuori di me e dentro di me. La morte è quella passeggiata che ci siamo fatte insieme, proprio dopo che ti eri addormentata, ed in quella passeggiata tu eri veloce, non avevi più la pesantezza alle gambe, non avevi dolori, non avevi malattie, eri soltanto tu, libera di passeggiare con me, a braccetto, come abbiamo fatto tante e tante volte e, in qualche modo, come facciamo ancora.
La morte è quella sensazione di esserci, è quella sensazione che ci sei anche se non ti vedo, è quel dialogo senza parole che è iniziato da quando non posso più parlarti con le parole e, a volte, posso perfino chiederti la tua opinione e tu, a volte, puoi perfino farmi capire quale essa sia.
La morte è molto, molto di più di quel distacco odioso che non riusciamo ad accettare, almeno lo è in alcuni casi e noi, proprio noi, possiamo dirlo, entrambe, che la morte è molto di più.
Oggi, ad un anno esatto dal giorno della tua morte, penso questo. Penso che ci sei, penso che la morte ti abbia fatta guarire da quel maledetto tumore che ti teneva in vita con sofferenza. Penso che possiamo essere, entrambe, grate a questo passaggio, a questo cambiamento, a questa trasformazione che, si, non ci permette più di stare fisicamente accanto e di litigare con la voce e di andare in giro a piedi calpestando il terreno che percorriamo, ma che non può togliere, a me, i ricordi di una vita, quelle piccole care cose che hanno fatto la nostra storia, e che saranno la storia di chi verrà dopo di te e di me. E, ugualmente, la morte non può togliere, a te, 81 anni di vita vissuta, di cose fatte, di bocconi amari e di gioie incredibili in cui, per 29 anni, ci sono stata pure io, e questa condivisione non ce la può togliere nessuno. Come nessuno può toglierci tutto quello che deve ancora avvenire, in cui ci saranno sempre parti di te, per me, così come per te ci saranno sempre parti di me, pure quando io sarò vecchia, pure quando io sarò morta, pure quando tu sarai di nuovo bambina e quando sarai di nuovo adulta, perché la morte è proprio questo, è quella possibilità che abbiamo di conservarci, a vicenda, nelle nostre esistenze, di esserci oltre i confini di tempo e di spazio, oltre le cose che amiamo, oltre l’esperienza e la sofferenza, la morte è proprio quella possibilità che abbiamo di non avere limiti nell’atto di amarci.